La stratificazione dei centri storici è un tema, di grande importanza, che lega molte città italiane.
Catania, in particolare, è stata fortemente modellata nel corso dei secoli, conservando parti dell’assetto antico di epoca greco-romana testimoniato dalla presenza di emergenze archeologiche rilevanti, ancora parzialmente celate in più punti della città. In alcuni casi, l’ammodernamento e le vicende costruttive di alcuni edifici del centro storico sono fortemente connesse alla storia evolutiva di alcuni monumenti antichi, come il caso del Palazzo Gravina-Cruyllas.
Percorrendo l’antico Corso Reale (oggi via Vittorio Emanuele II), tracciato subito dopo il sisma del 1693, si apre uno slargo dominato dal monumento celebrativo al cardinale Dusmet opera dell’architetto Raffaele Leone (1935).
Lo slargo, storicamente conosciuto col toponimo di piazza Cavallotti e piazza de’ Cereali dal mercato di granaglie che aveva luogo in quest’area tra Sette e Ottocento, è frutto di una serie di demolizioni e rettifiche urbanistiche attuate agli inizi del XVIII secolo su alcune preesistenze di epoca medievale. Data la posizione, lo slargo fa da «anticamera» alla barocca via Crociferi (un tempo salita di S. Benedetto) ed è incorniciato ad est dalla facciata della chiesa del convento di San Francesco d’Assisi, a nord dall’ottocentesco palazzo Platania e ad ovest da palazzo Gravina-Cruyllas.
Quest’ultimo prende il nome dalla nobile famiglia catanese che vi soggiornò per diversi secoli ed è noto, soprattutto, per aver dato i natali al compositore catanese Vincenzo Bellini (1801-1835).
Collocato “strategicamente” tra piazza San Francesco d’Assisi e la principale via Vittorio Emanuele II, il palazzo occupa l’angolo sud-orientale di un isolato densamente stratificato, cresciuto a partire dal VII secolo d.C. a ridosso e sopra le rovine del teatro e dell’odeon di età romana, in un’area prossima a quella che diverse testimonianze archeologiche lasciano ipotizzare abbia rappresentato il principale luogo di culto di età ellenistica e romana e in cui dovette sorgere il tempio di Demetra e Kore (Cerere) ricordato da Cicerone.
Fra tutti gli edifici civili del centro storico di Catania, palazzo Gravina Cruyllas è un caso emblematico perché insiste poderosamente sulle strutture del teatro greco-romano. Da un punto di vista tipologico, è un blocco a corte con porticato aperto su piazza San Francesco. Si eleva su quattro livelli fuori terra, mentre l’impaginato dei prospetti è abbastanza sobrio, definito da robuste paraste angolari a tutt’altezza.
Elemento di particolare pregio artistico è la curiosa soluzione compositiva sulla facciata meridionale (via Vittorio Emanuele n.252) che comprende il portale sovrastato dalla “tribuna d’onore” al piano nobile.
Il portale, nello specifico, è definito da bugne a ‘punta di diamante’ ed è riccamente decorato da cartocci, elementi vegetali e figure antropomorfe. Francesco Fichera, noto architetto catanese, attribuì l’opera – basandosi su confronti stilistici – a Giovan Battista Vaccarini, autore della grandiosa facciata della Cattedrale di Catania. Secondo Franca Restuccia (1997) il portale venne costruito da Lorenzo Di Benedetto. Più recentemente, Eugenio Magnano di San Lio (2008) ha ipotizzato un coinvolgimento degli Amato, lapicidi messinesi esperti nell’arte dell’intaglio attivi a Catania tra Sei e Settecento. Vaccarini, sempre secondo Magnano di San Lio, potrebbe avere realizzato alcune finestre del cortile e la parte più bassa dello scalone monumentale del palazzo.
Il progetto TeCHNIC. Indagini preliminari.
Le indagini, condotte nell’ambito del progetto TeCHNIC con particolare attenzione all’area di via Crociferi stanno prendendo in esame anche le vicende costruttive di questo interessante edificio. Una caratteristica di grande rilievo che lega Palazzo Gravina Cruyllas all’evoluzione storica di Catania è certamente la sua correlazione con un importante monumento di età antica: l’edificio, infatti, poggia in parte sul teatro greco-romano ed è il prodotto della trasformazione di più corpi di fabbrica, modificati da successivi interventi edilizi nel corso dei secoli. Secondo alcune fonti la residenza dei Gravina, già esistente in epoca medievale, ospitò alcuni personaggi illustri come Enrico di Trastàmara, fratello di re Alfonso V d’Aragona Gran Maestro dell’Ordine di San Giacomo (1432) e il Viceré di Sicilia Juan de Vega (1552). Nel primo trentennio del Seicento i Gravina usufruirono dell’acqua proveniente dall’acquedotto esterno di Contrada Cifali voluto da Innocenzo Massimo vescovo di Catania (1581-1633) e organizzarono il loro tenimentum domorum con annesso giardino, occupando parte dell’isolato medievale sito nell’area dell’attuale piazza S. Francesco; in tale contesto, secondo l’antiquario catanese Ottavio d’Arcangelo, vennero ritrovate – proprio davanti la casa dei Gravina – parti di obelischi con geroglifici egiziani.
I Gravina agli inizi dell'Ottocento
Agli inizi dell’Ottocento i Gravina occupavano i settori nord ed ovest della piazza San Francesco, corrispondenti al lato orientale del teatro romano, già oggetto di alcuni saggi esplorativi eseguiti a cura di Ignazio Paternò Castello, principe di Biscari (1719-1786), che ne individuò tracce della scena.
La proprietà immobiliare dei Gravina era allora scorporata in due unità autonome abitate dal più noto Carlo Gravina Cruyllas, principe di Valsavoia (1783-1844) e dal cugino Mario. Quest’ultimo, figlio di Maria Trigona e di Don Garsia Gravina Cruyllas e Luzena governatore dell’Arciconfraternita dei Bianchi (1796), fu patrizio di Catania durante i moti del colera del 1837. Carlo Gravina Cruyllas, invece, nacque da Gaspare (1757-1803) e da Giuseppa Paternò Castello dei baroni di Sigona; fu un uomo di grande spessore culturale e membro della prestigiosa Accademia Gioenia di Catania (1835).
Come molti nobili dell’epoca, il principe di Valsavoia studiò gli autori classici e girò l’Italia stringendo amicizie con diversi letterati a Napoli e a Roma; fu, inoltre, un apprezzato poeta e collezionista di opere d’arte. Nel 1803 si unì a Concetta Francica Nava del patriziato siracusano, da cui ebbe quattro figli.
Rimasto vedovo, sposò nel 1821 in seconde nozze Agata Scammacca dei baroni Bruca di Catania. Essendo i principi di Valsavoia una famiglia abbastanza numerosa, Carlo Gravina-Cruyllas ammodernò la sua proprietà, posta a nord di piazza San Francesco (oggi palazzo Platania). Purtroppo, il sisma del 1818 – come emerge dal rivelo del 1835 – causò non pochi problemi strutturali estesi a tutta la fabbrica, provocandone danni alle murature. Alla fine del secolo, probabilmente dopo la morte di Giovanni (1826-1889), figlio di Carlo, la residenza dei principi di Valsavoia passò ai Platania che la trasformarono nel palazzo in stile neo-rinascimentale che fa oggi da fondale all’attuale piazza San Francesco. La proprietà confinante di Mario Gravina, ossia il palazzo posto ad angolo tra via Vittorio Emanuele e piazza San Francesco, subì delle modifiche che ne alterarono l’aspetto originario.
Storicamente il palazzo era accessibile dal portale settecentesco posto su via Vittorio Emanuele. Probabilmente, a seguito dei lavori comunali di livellamento del piano stradale avvenuti nel 1870 , il portale venne sostituito sfruttando l’ingresso secondario su piazza S. Francesco. Una stampa d’epoca, apparsa sul giornale l’Illustrazione Italiana (1876), mostra una scena di vita quotidiana ambientata davanti palazzo Gravina con il portale già occultato da un’abitazione privata; in quegli anni la città assorbì l’incremento demografico (nel censimento del 1871 aveva raggiunto gli 84.387 abitanti) riempiendo i vuoti esistenti nella maglia urbana settecentesca e aggiungendo ulteriori piani nei palazzi esistenti.
Dal 1693 a seguire, furono apportati diversi interventi edilizi che modificarono il volume della fabbrica; parte della loggia e della balaustrata aperte sul cortile interno furono sacrificate per realizzare delle abitazioni private, mentre il terzo piano – aggiunto alla fine dell’Ottocento – venne completato solo dopo il 1925, eliminando però parte degli aggetti originali.
Palazzo Gravina-Cruyllas, nella sua conformazione attuale, ospita il museo dedicato al pittore catanese Emilio Greco (1913-1995) e il museo civico belliniano. Quest’ultimo venne inaugurato negli anni Trenta del Novecento nella casa, dichiarata monumento nazionale, dove nacque il compositore Vincenzo Bellini. Il museo occupa un modesto appartamento di appena cinque stanze, che venne dato allora in affitto dai Gravina alla famiglia Bellini ed espone diversi cimeli che ripercorrono la vita del “cigno” fra cui dipinti, libri, spartiti originali e strumenti musicali. Le vicende costruttive di Palazzo Gravina-Cruyllas denotano un importante aspetto legato alla .stratificazione secolare dei monumenti antichi. Il teatro greco-romano di Catania costituisce, infatti, un’emergenza archeologica di grande impatto nel centro storico della città, che venne sfruttato come cava e coperto interamente da abitazioni private. La liberazione del monumento, promossa nel Settecento e concretizzata solamente negli anni Cinquanta del secolo scorso, fu un operazione che comportò l’esproprio e la conseguente demolizione di diversi edifici. Palazzo Gravina-Cruyllas costituisce dunque, il “prodotto visibile” di un lento processo di trasformazione che ha modificato, a volte stravolgendo, l’assetto antico della città.
Federico Fazio
Assegnista di ricerca – Università di Catania, Dicar